All’ultimo Salone di Francoforte abbiamo avuto modo di toccare con mano la seconda generazione di Renault Captur, il suv compatto che scimmiotta la Clio e prova a dare del filo da torcere a T-Roc e Puma. Ecco le nostre impressioni.
Gli esterni
Che la Captur sia cambiata non c’è dubbio. In Renault hanno deciso di ringiovanirla, mettendo da parte le morbide caratteristiche di design della prima generazione e donandole un aspetto più moderno, in linea col corso stilistico nato con la Megane IV. All’anteriore i gruppi ottici LED con una firma luminosa a forma di C la rendono più simile ad un prototipo che ad una vettura di produzione. Le nervature aerodinamiche sono più marcate sul cofano e quelle sulle fiancate, più dolci, sembrano più evidenti su questa colorazione Arancio Atacama a contrasto, tra le circa 90 combinazioni diverse, con il nero di specchietti e tetto. Nel posteriore ritroviamo la firma luminosa LED a forma di C che dona maggiore presenza scenica ad un’auto dalle dimensioni così compatte. Sì perché la Captur resta compatta, nonostante sia cresciuta di 11 cm rispetto alla prima nata nel 2013. La lunghezza raggiunge ora i 4.23 m, con una larghezza di 1.80 m e un’altezza di 1.58 m. Oltre che alla comodità dei passeggeri, la crescita va a beneficio del portabagagli: la capacità di carico sale di 81 litri, arrivando a 536 con il divanetto posteriore che scorre in avanti di 16 cm, e a 1275 litri complessivi con i sedili abbattuti.
Gli interni
La seconda generazione di Captur è un’evoluzione nel senso più positivo del termine: la qualità delle plastiche morbide su plancia e pannelli porta è decisamente migliorata, peccato per gli assemblaggi: sulle buche più dure abbiamo registrato diversi scricchiolii. L’abitabilità è ottima sia per gli occupanti anteriori che posteriori, con tanto spazio per le gambe di chi siede dietro grazie alla conformazione per le ginocchia dei sedili; peccato per il portaoggetti scorrevole, molto capiente ma che toglie fin troppo spazio al passeggero anteriore. I sedili, molto sostenitivi a livello lombare, dotati anche di fianchetti per seduta e schienale, hanno una trama mista di tessuto e pelle decisamente gradevole al tatto, peccato non siano più sfoderabili. Si capisce facilmente il successo della prima generazione, continuando nella seconda con tanta praticità: quasi infiniti scompartimenti intorno al tunnel sospeso del cambio, 4 prese USB e 2 da 12V (rispettivamente 3 avanti e 3 dietro). Il volante regolabile in altezza e in profondità ha dimensioni generose ma perfette per il modello. Buona la visibilità per chi guida nonostante l’ingombrante zona specchietto con numerosi sensori per gli ADAS, grazie ai montanti non eccessivamente larghi; purtroppo il lunotto non gode della stessa qualità, caratteristica comune per il segmento di mercato dovuta alle particolari scelte di design. Meglio attrezzarsi con una retrocamera. A proposito di telecamere c’è l’anteriore a richiesta ma la posteriore, di serie sulla nostra versione risulta anacronistica, con una risoluzione sicuramente proveniente dalla Captur I. La tecnologia in generale non manca: abbiamo in dotazione schermo centrale da 9,3” in orientamento verticale, molto user friendly in un periodo storico caratterizzato da smartphone come appendici del nostro corpo. Dallo schermo è possibile selezionare tre diversi driving mode: un individuale My Sense, uno sportivo quanto superfluo Sport e un parsimonioso Eco. Android Auto, Apple CarPlay e il nuovo sistema Renault Easy Link completano il tutto con un utilizzo veramente intuitivo e un touch che risponde bene: unico neo la mancanza di un rotore o feedback aptico che costringe a spostare gli occhi dalla strada per controllare un infotainment non sempre fulmineo. Gli unici rotori fisici, posti sotto il display, controllano il climatizzatore e hanno un design filettato che aumenta la presa della mano ed è condiviso con il pomello del cambio manuale, a seconda della versione scelta. Il guidatore ha a disposizione un misto analogico-digitale dietro il volante, con schermo da 7” e indicatori laterali per temperatura e livello carburante. A richiesta un full digital da 10,2”.
Parliamo di numeri
La gamma di Renault Captur vanta, in ordine crescente di dotazioni, le versioni Life, Zen, Business e Initiale Paris, oltre ovviamente alla protagonista della nostra prova Intens. I prezzi partono da € 17.700 e salgono fino a 26.600 per poter guidare la Intens da 115 CV con cambio automatico doppia frizione EDC. Le motorizzazioni sono benzina, diesel, GPL e ibrido plug-in. I propulsori benzina Tce vanno dal 1.0 3 cilindri da 100 CV al 1.3 4 cilindri da 130 e 155 CV. I gasolio BluedCi sono 1.5 4 cilindri in declinazione 95 o 115 CV. La TCe GPL monta il 1.0 3 cilindri da 100CV ed è prevista una versione plug-in hybrid, con un 1.6 benzina, 160 CV totali e pacco batterie da 9,8 kwh. I propulsori e la praticità della Captur sono ovviamente accompagnati da numerosi sistemi di sicurezza e assistenza alla guida: si va dal mantenimento del centro di corsia all’avviso di collisione e di frenata, fino alla lettura della segnaletica stradale e dei limiti di velocità. Testando il 1.5 diesel da 115 CV abbiamo trovato un propulsore che dona comfort di marcia, senza alcuna velleità sportiva ma che se la cava egregiamente in fase di sorpasso. I paddle in plastica del cambio automatico EDC risultano un po’ superflui. Il cambio in sé è molto fluido, apprezzato per la comodità di viaggio: peccato per le ripartenze al semaforo con delle cambiate di prima e seconda marcia a giri troppo alti, con evidenti conseguenze sulla rumorosità del motore all’interno dell’abitacolo. La totale mancanza di vibrazioni o fruscii aerodinamici ha invece fatto apprezzare le doti di viaggio della Captur sulle alte percorrenze, nonostante la mancanza di un dettaglio premium come i doppi vetri per l’insonorizzazione. L’assetto è stato reso più rigido rispetto al passato, senza compromettere alcunché: un ottimo incontro tra la stabilità della vettura, con rollio quasi inesistente e grandi difficoltà per farla entrare in sottosterzo, e un buon comfort per i passeggeri: il nostro test delle sospensioni ha avuto luogo su alcune tra le strade più dissestate di Bari. La casa dichiara 4,1 l/100 km di percorrenza nel misto; durante la nostra prova, però, il computer di bordo ha registrato una media di 6,6 l/100 km. Si può fare di meglio. Infine i freni: a primo impatto, facendo un walkaround attorno alla vettura ci siamo subito accorti della presenza di freni a tamburo al posteriore, invece che a disco: contrariamente alle prime sensazioni l’impianto frenante si è sempre comportato in sicurezza.
In collaborazione con Gruppo Marino.