L’A112 rappresenta una delle utilitarie più iconiche del mercato italiano. Prodotta dalla Autobianchi, in otto serie susseguitesi dal 1969 al 1986.
Le origini
La genesi vede la volontà del gruppo FIAT, chiamata a dover fronteggiare l’incursione italiana della Mini che, dopo aver aggirato l’ostacolo dei dazi doganali con la costruzione della vettura presso gli stabilimenti Innocenti, vide nel progetto A112 la chiave di volta per poter riscuotere il giusto successo, in particolar modo nel pubblico giovanile ma soprattutto femminile di quegli anni. La scelta ricadde sull’ingegnere e designer Dante Giacosa, attraverso l’Autobianchi, per proporre una vettura di piccole dimensioni e dall’aspetto elegante basata sul nuovo progetto a trazione anteriore. Il suo debutto ufficiale avvenne nel 1969 al Salone di Torino, dove come pronosticato ottenne innumerevoli consensi da parte del pubblico e della stampa di settore. Il successo di vendite fu immediato ed a tal punto consistente che, nonostante i ampliamenti e potenziamenti delle linee di produzione, furono innumerevoli i casi di prolungati tempi di attesa per l’acquisto, a volte anche superiori ai 12 mesi. L’auto, in brevissimo tempo, divenne un vero e proprio oggetto dei desideri, ambito sia per le sue forme gradevoli che per i suoi costi di acquisto e manutenzione contenuti. Lunga 3,23 m, larga 1,48 m ed alta 1,36 m, grazie ad un peso contenuto di soli 670 kg riuscì a sorprendere anche in termini di guida e prestazioni, nelle diverse versioni quali Elegant, Elite, LX, Junior ed Abarth.
L’elaborazione di Carlo Abarth
Quest’ultima, la più iconica e pepata tra tutte le serie fu resa disponibile in diverse tinte, tra cui rosso, blu elettrico e verde brillante. Oltre alla vistosa livrea Rosso Corsa, contrastata dal nero opaco del cofano e delle fasce sottoporta, la differenza più importante con la normale A112 era rappresentata dal motore abbondantemente rivisto direttamente da Abarth. Dal punto di vista tecnico, la “cura Abarth” per lo sviluppo del già brillante propulsore di 903 cm³ fu piuttosto pesante, comportando l’aumento di cilindrata a 982 cm³ mediante l’allungamento della corsa, l’inserimento di un nuovo albero motore in acciaio nitrurato, l’innalzamento del rapporto di compressione a 10:1 mediante l’adozione di pistoni stampati con segmenti cromati, la riprogettazione dell’albero a camme e delle sedi delle valvole, la modifica all’impianto di scarico e l’adozione di un carburatore doppio corpo. Anche l’impianto frenante subì modifiche sostanziali con la maggiorazione delle pinze sui dischi anteriori e l’adozione del servofreno. La potenza del motore, che già nella fase prototipale aveva superato abbondantemente i 60 CV, venne limitata a 58 per raggiungere i previsti livelli di elasticità e robustezza. Nell’ultima, più potente evoluzione, l’auto montava un 4 cilindri di 1049 cm³ da 70 CV derivato dal precedente 982 cm³. Dotata di cambio a quattro marce con rapporto al ponte 13/58 (corto), fu l’unica variante di A112 Abarth in grado di raggiungere i 160 km/h effettivi; fu dotata per la prima volta di servofreno a depressione, agente sulle sole ruote anteriori e sistemato, per ragioni di spazio, sulla destra del vano motore. Invariata rimase la scocca, ma con interni ben diversi, curati in maniera artigianale e dotati di strumentazione completa, sedili anatomici con poggiatesta e volante a tre razze con corona in pelle. Ricorrente come in tutte le produzioni la parentesi dedicata ai problemi intrinseci: degno di nota, per i primissimi esemplari costruiti, è lo sporadico surriscaldamento del lubrificante motore, nonostante l’accorgimento della coppa olio in alluminio, presto risolto con l’adozione, nel gennaio 1972, di un piccolo radiatore per l’olio. Simpatica fu su Quattroruote la prova su strada dell’allora pilota di formula 1 Arturo Merzario che ne vantò le doti sportive del motore e della tenuta di strada. Nel luglio del 1975 la potenza della normale venne ridotta a 42 CV, mentre nel 1976 uscì di listino la Abarth 58 HP.
Le competizioni
L’utilizzo nelle competizioni seguì immediatamente la messa in vendita della vettura e proseguì ininterrottamente per quasi vent’anni: la prima omologazione sportiva venne registrata nel marzo 1972, e l’ultima porta la data del dicembre 1990. Le A112 Abarth vennero impiegate in tutte le categorie sportive a ruote coperte, da uno sterminato numero di piloti professionisti o dilettanti, conquistando un palmarès complessivo impressionante. Attualmente sono largamente utilizzate nelle gare in salita o nei rally riservati alle vetture storiche. A metà degli anni settanta i proprietari della vetture che intendevano cimentarsi nelle varie specialità di rally, salita o regolarità raggiunsero un tale numero che la FIAT decise di organizzare un campionato monomarca. Noto come Trofeo A112, il Campionato Autobianchi A112 Abarth 70 HP ebbe luogo dal ’77 all’84 ed era rivolto a giovani aspiranti piloti che, con una modesta spesa, avrebbero potuto mettere alla prova il loro talento. Il kit di sicurezza, preparato per trasformare la vettura di serie, era composto da rollbar, impianto antincendio, cinture di sicurezza, proiettori supplementari e paracoppa dell’olio. Il Campionato Autobianchi si rivelò una vera fucina di giovani piloti, alcuni dei quali raggiunsero fama nazionale e internazionale, come Attilio Bettega, Michele Cinotto e Gianfranco Cunico; nel campionato femminile si mise in mostra, tra le altre, Paola de Martini. Gli esemplari venduti con lo sviluppo di papà Abarth, a fronte di una produzione di circa 14 anni, furono oltre 121k, quasi il 10% dell’intera produzione A112. La più rara e ricercata dai collezionisti è la 1ª serie, prodotta in 4.641 esemplari. La 2ª serie e la 3ª serie, che completano la variante “tetto tondo”, vantano numeri assai più importanti, essendo state prodotte rispettivamente in 13.759 e circa 29.000 unità.